LA RUBRICA DEI PROBLEMI COMPORTAMENTALI #14 AGGRESSIVITÀ GERARCHICA/DA DOMINANZA.
- Sara BorderStyle
- 26 giu 2018
- Tempo di lettura: 13 min

DI COSA SI TRATTA
L’aggressività tra cani è un comportamento assolutamente normale: il cane è un animale sociale gerarchico, il che significa, in sostanza, che due o più cani non possono convivere o condividere uno spazio se non stabiliscono il ruolo gerarchico di ognuno all’interno del gruppo (anche se si tratta di un gruppo improvvisato che non è il branco familiare solito).
Uno degli errori più palesi dei proprietari di cani è proprio quello di antropoformizzare il cane senza rispettare la sua diversità di specie e la sua etologia.
Il cane non è un umano e ha dei rituali di comunicazione estremamente diversi dai nostri, inibire costantemente l’aggressività tra cani significa non rispettare il loro modo di comunicare e modificare negativamente le loro risposte future.
L’aggressività tra cani diventa un problema nel momento in cui i cani hanno taglie estremamente diverse, e quando l’aggressione si è ormai trasformata in iperaggressione secondaria (il cane impara dai risultati che ottiene attuando un certo comportamento, e se raggiungerà sistematicamente i propri obiettivi, inizierà ad attuare lo stesso comportamento con maggior frequenza e saltando le fasi di minaccia e di appagamento => strumentalizzazione => vedi Iperaggressione).
Più il cane accumula vittorie negli scontri con gli altri cani, più tenderà a strumentalizzare tale comportamento.
Ovviamente ad un certo punto arriverà un cane più “grosso” di lui che lo farà tornare con i piedi per terra, ma questo solo se i proprietari lo permetteranno!
L’aggressione competitiva tra cani avviene in un contesto di competizione gerarchica per stabilire l’accesso ad una risorsa: spazi e luoghi strategici (es. divano, letto ecc.), cibo, giochi, interazione con gli altri componenti del branco, partner sessuale (che potrebbe anche essere identificato nella moglie, di conseguenza il cane ringhierà al marito ogni volta che si avvicinerà alla moglie), partner sociale, gestione dei cuccioli in caso di maternità.
È fondamentale sottolineare che di solito il cane dominante ricorre all’aggressione solo se le posture alte non sono sufficienti a sottomettere il subordinato oppure se i suoi privilegi sono costantemente messi in discussione, diversamente si tratterà di un cane ansioso o problematico (non tutti i cani sono così equilibrati emotivamente e psicologicamente).
Nel caso in cui l’aggressione avvenga per contendersi una risorsa insufficiente, si parla di aggressione competitiva, in quanto l’obiettivo è quello di ottenere la risorsa, mentre se avviene per una risorsa sufficiente, si parla di aggressione gerarchica, perché lo scopo è quello di confermare o mettere in discussine il proprio status sociale.
L’aggressione gerarchica, che ha lo scopo di riconfermare o mettere in discussione un determinato status gerarchico, può avvenire senza un apparente motivo, o sfruttare la presenza di una risorsa per provocare il contendente.
Questo tipo di aggressione, in genere avviene tra cani dello stesso sesso (per via delle gerarchie parallele che si instaurano all’interno di un qualsiasi gruppo sociale, anche misto), tuttavia, il cane potrebbe generalizzare il comportamento anche a cani di sesso opposto e a cuccioli.
L’aggressività tra cani, essendo il loro naturale modo di approcciarsi, di comunicare e di condividere gli spazi con i conspecifici, non si manifesta solo tra cani dello stesso branco, ma anche tra cani fuori dal branco.
Nel primo caso (aggressività tra cani dello stesso branco), le liti generalmente iniziano quando due cani della stessa età entrano nella fase adolescenziale e si contendono lo status di dominante, o quando il cane più giovane entra in fase adolescenziale e inizia a mettere in discussione lo status gerarchico del cane più vecchio.
Le liti finiscono quando uno si sottomette e accetta lo status superiore dell’altro e quando tutti gli altri membri del gruppo si comportano di conseguenza): le liti, infatti, non finiscono solo quando uno dei due cani mette in atto riti di pacificazione o atteggiamenti di sottomissione, ma quando anche gli altri membri del branco accettano i ruoli così definiti, per questo, il proprietario dovrebbe dare accesso primario alle risorse sempre al cane dominante, così quest’ultimo vedrà confermato il suo status e non avrà bisogno di rivendicarlo (nella realtà spesso i proprietari, mossi da spirito di compassione e pietà per il subordinato, fanno l’esatto contrario, non rendendosi conto di accentuare e prolungare le liti).
La vittoria in uno scontro dà solo accesso alla risorsa contesa, ma, per ottenere lo status di dominante occorre vincere più scontri e far sì che tutti i membri del branco riconoscano tale situazione gerarchica.
Nel caso di aggressione gerarchica, l’aggressione avviene o per una risorsa presente in quel momento o per necessità dei cani di identificarsi l’uno rispetto all’altro (come abbiamo già detto, i cani per coesistere hanno bisogno di definire i propri ruoli gerarchici, anche all’esterno del branco).
Uno dei principali motivi delle aggressioni tra cani dello stesso sesso, soprattutto tra maschi, è legato alla questione sessuale/ormonale: la castrazione precoce, cioè prima che il cane inizi ad assumere tali atteggiamenti aggressivi, può essere un aiuto, tuttavia, se il cane ha già iniziato a presentare tale aggressività, interviene, oltre al fattore ormonale, anche l’apprendimento e la strumentalità del comportamento, perciò la castrazione non lo estinguerà, al massimo ridurrà la reattività del cane.
L’aggressione verso cani esterni al branco viene ben presto strumentalizzata, soprattutto se il proprietario tira via il cane e non gli dà mai modo di socializzare (il cane percepirà di aver vinto l’incontro e quindi sarà incentivato a ripetere quell’atteggiamento), e tende spesso ad essere generalizzata anche verso cani di sesso opposto e cuccioli.
L’aggressività (competitiva o gerarchica in base alla motivazione sottostante) che generalmente avviene tra cani, può avvenire anche tra cani ed esseri umani.
Anche l’aggressività da dominanza tra il cane e l’essere umano è distinguibile in competitiva o gerarchica, come quella tra cani, in base alle motivazioni sottostanti, che sono le stesse del caso precedente.
Quando l’aggressione coinvolge gli umani, la situazione diventa più complessa, in quanto l’uomo ha rituali di comunicazioni, e mette in atto sequenze comportamentali, molto differenti rispetto a quelle del cane, con fasi diverse.
Ad esempio, mentre il cane nel momento in cui l’avversario si sottomette arresta la sequenza aggressiva, l’umano spesso continua ad aggredire il cane nonostante la sua sottomissione, perché magari quest’ultima si manifesta attraverso immobilità o allontanamento ma continuando a ringhiare, così il proprietario continua a gridare contro al cane per zittirlo, senza rendersi conto che è già sottomesso (mancato rispetto delle fasi e dei segnali), e questo può portare ad aggressioni da paura ancora più violente.
Altro errore tipico del proprietario è quello di interpretare la fase di appagamento (cioè quando il cane vincitore gli appoggia le zampe sopra e lo lecca o lo mordicchia) come una richiesta di perdono o pentimento, quando invece è l’esatto opposto, e per questo lo accarezza confermando la sua posizione dominante (la conseguenza è che il proprietario sarà sempre messo in discussione in quanto pretende di gestire le risorse ma al tempo stesso, inconsapevolmente, accetta la dominanza del cane).
I segnali posturali e mimici di minaccia, di attacco e di sottomissione/pacificazione, inoltre, sono estremamente diversi nell’umano (vedi tono della voce, tensione/rilassamento dei muscoli facciali, eccetera).
Per questi motivi, la comunicazione, e di conseguenza le aggressioni tra cani ed esseri umani, sono più complesse da gestire, in quanto sia il proprietari che il cane devono adattarsi e imparare a comprendere i segnali comunicativi dell’altro.
C’è anche da dire che tali tipi di aggressioni sono difficili da gestire perché il morso del cane, anche se controllato, è sufficiente a ferire la cute umana nella maggior parte delle volte, e questo fa sì che il proprietario ferito si sottometta e perda lo scontro (mentre tra cani non si arriva mai alle ferite gravi, i rituali di competizione sono più delle coreografie che degli attacchi veri e propri).
Ricordiamo che un umano può batteri e uscire vincente da uno scontro fisico solo con un cane che sia 1/4 o 1/5 della sua massa.
Ovviamente più il proprietario gestisce e interpreta male i rituali comportamentali del cane, più il cane impara a strumentalizzare la sequenza saltando la fase di minaccia e la fase di appagamento, e presto si arriva all’iperaggressione secondaria (a cui rimando).
L’aggressione competitiva tra cani ed esseri umani è pericolosa e fastidiosa in quanto il cane potrebbe non far avvicinare gli altri al proprietario (nemmeno in passeggiata), cercare di prendere il bambino della proprietaria, urinare in casa per marcare, non permettere ai proprietari di spostarsi liberamente in casa, eccetera.
In genere tale tipo di aggressività verso gli umani scaturisce da una inconsapevole responsabilizzazione del cane da parte dei proprietari, che, mettendo il cane al centro dell’attenzione, basando il rapporto con lui solo sul dare affetto, e gestendo in modo errato le varie risorse (che vengono lasciate in mano alla volontà del cane), posizionano il cane in uno stato gerarchico elevato, e la conseguenza è che il cane, oltre a pretendere l’iniziativa su tutto e a non accettare la messa in discussione del proprio ruolo, si sente anche responsabile della gestione e correzione del branco nonché della sua protezione.
A questo punto, se i familiari sono accondiscendenti e accontentano il cane in ogni sua manifestazione di volontà (credendo che il farsi capire dal cane sia sintomo di intelligenza), il cane non avrà bisogno di manifestare aggressività nei confronti dei membri del branco, tuttavia, la manifesterà nei confronti degli estranei per via della responsabilità protettiva.
Se invece i proprietari, anche inconsciamente, mettono in discussione periodicamente lo status del cane (con atteggiamenti incoerenti), il cane mostrerà aggressività sia verso i proprietari (per gestire lui le risorse e mantenere il proprio status, nonché per correggere il branco in alcuni casi) che verso gli estranei (per protezione del branco).
Questo modo di relazionarsi con il mondo che acquisisce il cane, soprattutto se ottiene sempre risposte positive al suo comportamento aggressivo (ottiene ciò che vuole), può far sì che esso venga generalizzato anche ai suoi conspecifici (agli altri cani) e messo in atto più frequentemente e più intensamente del necessario (ricordiamo, infatti, che un cane dominante equilibrato non si abbassa ad aggredire i subordinati, che non reputa al suo livello, se non è necessario, pertanto, se il cane aggredisce a prescindere, significa che non è così equilibrato: magari non ha chiaro il suo status gerarchico, oppure non lo vive con serenità, oppure ha appreso e strumentalizzato in modo patologico il comportamento, o ancora ha un sottostante stato ansioso).
SEQUENZA COMPORTAMENTALE E POSTURA
Se l’aggredito non si sottomette alla fase di minaccia, l’aggressore passa alla fase di attacco, che si arresterà solo nel momento in cui l’altro si sottomette.
Durante la fase di appagamento, l’aggressore tocca il subordinato e spesso lo lecca per rafforzare il rapporto gerarchico (i proprietari tendono a confondere questo comportamento credendo sia una sorta di richiesta di perdono).
La postura dipende dallo status sociale del cane che aggredisce: se è dominante avrà una postura alta, mentre se è subordinato avrà una postura bassa (il subordinato potrebbe aggredire proprio per mettere in discussione lo status gerarchico del capobranco attuale). In alcuni casi anche il subordinato potrebbe assumere una postura alta per cercare di fregare l’altro cane.
La mimica facciale ovviamente sarà costituita da arricciamento delle labbra per mostrare i denti.
La fase di minaccia consiste nell’irrigidimento del busto, il sollevamento del pelo, l’innalzamento verticale della coda (che potrebbe scodinzolare in tensione, per mandare feromoni al contendente: spesso questo particolare modo di scodinzolare è frainteso dai proprietari che credono sia un atteggiamento socievole mentre è l’esatto contrario), lo sguardo fisso negli occhi dell’avversario e il ringhio.
Di solito uno dei due cani manifesta atteggiamenti di pacificazione (spostamento laterale dello sguardo, della testa o addirittura del corpo, rilassamento del corpo e della coda, abbassamento del pelo e immobilità) o addirittura di sottomissione (immobilità a pancia all’aria o su un fianco), già dopo la fase di minaccia, e quindi la sequenza comportamentale si arresta lì (se dopo la sottomissione l’altro cane continua ad aggredire, significa che c’é sotto una patologia comportamentale, l’aggressione competitiva/gerarchica, infatti, non dovrebbe mai degenerare fino alle ferite gravi e, in ogni caso, dovrebbe arrestarsi nel momento in cui l’altro si sottomette).
Tuttavia, se nessuno si sottomette, si passa alla fase di attacco in cui il morso può essere di diversa intensità (in base alla percezione del cane dell’avversario: più è dominante più è percepito come una minaccia e quindi più intenso sarà il morso).
Nella fase di appagamento il vincitore pone le zampe anteriori sul garrese del subordinato, lecca la parte morsa o può anche prendere in bocca il muso dello sconfitto.
Il cane sottomesso, potrebbe dimostrarlo in modo meno amichevole andandosene ringhiando.
In ogni caso, se il cane che si sottomette continua ad essere inseguito o aggredito dal vincitore, potrebbe scatenarsi un’aggressione da irritazione o da paura, più violenta di quella gerarchica precedente.
TRATTAMENTO
Considerando che l’aggressività tra cani è un comportamento assolutamente normale e necessario per la loro convivenza pacifica, in quanto è il loro modo di comunicare e di convivere, la soluzione ottimale è convincere il proprietario a smettere di inibire tale atteggiamento e a lasciare i cani liberi di identificarsi e risolvere da soli i loro conflitti.
Occorre intervenire solo nel caso in cui i cani siano di taglia diversa (più che intervenire è il caso di evitare e prevenire tali situazioni, per via dell’apprendimento e per evitare spiacevoli incidenti) o se l’aggressione si mostra patologica/iperaggressione secondaria (no fase di minaccia o di arresto dopo la sottomissione), ma, in ogni caso, per dividerli, non bisogna intervenire fisicamente ma con ausili come lanciare una coperta sopra i cani, tirar loro un secchio d’acqua o fare un rumore forte.
Nel caso in cui l’aggressività sia patologica, si può presentare il caso eccezionale in cui c’é un aggressore e una vittima che si sottomette immediatamente, e, in questi casi, bisogna fare attenzione perché il cane che aggredisce in modo anormale potrebbe anche decidere di uccidere il sottomesso (la soluzione ideale in questi casi è quella di trovare una nuova a casa al cane meno aggressivo).
In ogni caso, se l’aggressività riguarda cani dello stesso branco che presentano taglie diverse, o comunque l’aggressività è patologica, è necessario tenere sempre sotto controllo i cani e separarli quando sono soli.
L’aggressività patologica spesso deriva da un sottostante stato ansioso, e in questo caso i farmaci potrebbero aiutare la terapia comportamentale.
Come abbiamo già detto, il fattore ormonale è spesso una delle cause scatenanti o comunque un fattore alimentante, perciò, anche se la castrazione può risolvere il problema solo in via preventiva con la sterilizzazione/castrazione precoce, i cani con tale tipo di aggressività vanno sterilizzati/castrati lo stesso, perché questo diminuisce la loro reattività e modifica anche l’atteggiamento degli altri cani.
La sterilizzazione/castrazione abbinata ad una terapia di modificazione comportamentale è la soluzione ottimale.
La prima fase del percorso di modificazione comportamentale, come sempre, ha lo scopo di insegnare al cane a stare calmo in assenza di stimoli e a concentrarsi solo sui comandi del proprietario (si insegna il seduto e il resta e si applicano in assenza di stimoli fino a che il cane non si mostrerà calmo e deferente verso il proprietario).
Nei casi di cani aggressivi solo verso gli altri cani estranei al branco, lo step successivo è quello di desensibilizzare il cane alla presenza di altri cani estranei al suo gruppo sociale: si continua a far lavorare il cane pretendendo che stia calmo e man mano si inserisce lo stimolo (gradualmente, prima a distanza e poi via via sempre più vicino; lo stimolo non deve mai provocare la reazione o ansia nel cane, altrimenti occorre interrompere e tornare allo step precedente).
Nel caso di aggressività tra cani dello stresso branco, occorre separarli ogni volta che non è possibile controllarli.
È fondamentale per il proprietario capire chi cerca di dominare su chi e chi probabilmente la spunterà (di solito ci si trova di fronte a due cani che raggiungono insieme l’eta adolescenziale e quindi iniziano a competere per stabilire le gerarchie, oppure ad un cane giovane che entra in fase adolescenziale e mette in discussione la leader del più vecchio) e di conseguenza consolidare lo status del dominante garantendogli accesso privilegiato e primario alle risorse (cibo, spazi, giochi, interazioni sociali), in questo modo il cane non avrà più necessità di guadagnarsi uno status che gli viene già riconosciuto e quindi si eviteranno litri continue.
In aggiunta alle tecniche attive (accesso privilegiato alle risorse), il proprietario, per consolidare lo status del cane dominante, può utilizzare anche delle tecniche passive: in passeggiata il dominante dovrebbe stare davanti al subordinato con un guinzaglio più lungo, la sua cuccia dovrebbe essere posizionata nel luogo da lui preferito, che però non sia zona di passaggio, quando vengono separati e lasciati soli il dominante dovrebbe essere lasciato in una stanza di rilievo mentre il subordinato in una stanza secondaria, eccetera.
Ovviamente, oltre a quanto detto, anche in questi casi si procede con il percorso di modificazione comportamentale e, dopo la prima fase, si possono desensibilizzare i cani l’uno all’altro.
Ricordiamo nuovamente che gli umani non dovrebbero mai intervenire nelle zuffe tra cani, e se questo fosse necessario (perché magari un cane è patologico e non entra in fase di arresto nonostante la sottomissione dell’altro soggetto) non bisogna mai farlo fisicamente ma attraverso una coperta (buttandola sopra i cani) o un secchio d’acqua o emettendo un rumore forte, che li distragga fintanto che i proprietari li contengono e riprendono.
Durante la terapia, bisogna rigorosamente evitare le situazioni a rischio e quindi l’insorgere di tale tipo di aggressioni.
Utilizzare una cavezza potrebbe essere utile in questo senso.
In qualsiasi caso di aggressività competitiva (tra cani dello stesso branco, verso cani esterni, tra cani ed esseri umani), infatti, la cavezza è uno strumento utile in quanto permette al proprietario di interrompere immediatamente la sequenza comportamentale (il cane impara dalla correzione), di ridurre il rischio e di trasmettere meno ansia al cane (la museruola impedisce il morso ma non la sequenza comportamentale e nemmeno le ferite non derivati dal morso, come graffi ecc.).
Nel caso in cui il cane manifestasse aggressività, si può facilmente correggere il comportamento attraverso la cavezza e proporre al cane un atteggiamento alternativo (ad esempio il seduto o il terra) che verrà premiato (questo vi permetterà anche, nel caso in cui ciò succedesse in passeggiata, di evitare il solito strattonare via il cane, che, come abbiamo già detto, alimenta il comportamento inappropriato).
Nonostante i risultati della terapia, tali cani non dovrebbero mi essere lasciati da soli fuori controllo con altri cani.
Nel caso di aggressività competitiva tra cani ed esseri umani, occorre rivedere le regole sociali e con una Regressione sociale guidata ristabilire un corretto rapporto uomo-cane e delle corrette gerarchie all’interno del branco familiare.
L’utilizzo errato della forza è controproducente: spesso i proprietari sono convinti che il modo di far capire al cane “chi comanda” sia usare la forza picchiando il cane in ogni circostanza.
In realtà le "lotte" fisiche con il cane sono utili solo se messe in atto nel modo corretto, cioè secondo la comunicazione propria del cane, ad esempio: in caso di manifestazione aggressiva per dominanza, si potrebbe ricorrere ad immobilizzare il cane prendendolo per la collottola e mettendolo a terra, oppure dargli un colpetto sul fianco o in parte al muso, o ancora non cedere alle sue sfide ma mantenere il suo sguardo senza allontanarsi e indietreggiare per fargli capire che non abbiamo intenzione di sottometterci a lui).
Questi interventi sono sicuramente diretti ed efficaci (i cani risolvono così le loro zuffe gerarchiche), e sono molto utili per affrontare le aggressioni, tuttavia, spesso i proprietari non sono in grado di metterle in atto (se lo fossero stati fin dal principio, il problema non si sarebbe manifestato) rendendo il tutto troppo pericoloso, e, inoltre, devono sempre e comunque essere accompagnate ad un lavoro sottostante di regressione sociale guidata, perciò, questa è la terapia fondamentale (se il proprietario non è in grado di gestire le aggressioni con la forza, dovrà, durante la terapia, evitare di scatenarle, altrimenti il suo sottomettersi ad esse inficerà sulla buona riuscita del percorso rieducativo).
L'importanza della Regressione sociale guidata, e del suo affiancamento eventualmente anche nel caso si ricorresse adi interventi diretti ad affrontare le aggressioni con la forza, riassumibile nella differenza tra capo e leader: il capobranco, per essere riconosciuto tale dal cane, deve essere un leader, cioè uno che fa il bene del branco, procura e gestisce le risorse per tutti, pensa al benessere psico-fisico del branco, lo guida nella comprensione di ciò che è corretto e di cosa non lo è, e, soprattutto, deve essere una guida calma ed equilibrata.
Azzerare le errate abitudini per ricostruire da zero un rapporto corretto e delle gerarchie nuove è spesso molto più difficile per il proprietario che per il cane (che invece non vede l’ora di essere deresponsabilizzato e di vivere una vita serena da subordinato senza le responsabilità proprie di un capobranco), in quanto occorre destabilizzare tutte le convinzioni e le abitudini errate e proseguire con costanza senza mai contraddirsi.
Oltre alle regole base di corretta gestione delle risorse e di comunicazione con il cane per essere riconosciuto un leader, una buona terapia comportamentale in questi casi è quella di chiedere al cane di sedersi o di mettersi a terra ed aspettare qualche secondo (atteggiamenti di calma e deferenza verso il proprietario) prima di ottenere qualsiasi cosa (cibo, coccole, carezze, passeggiata, gioco ecc.). Se il cane non risponde ai comandi, si smette di dargli qualsiasi tipo di attenzione/interazione e si lascia la stanza per un po'. Prima o poi il cane cederà ai comandi in quanto avrà bisogno di qualcosa e quindi deciderà di obbedire (avrà fame, avrà bisogno di uscire per fare pipì ecc.).
SARA BORDERSTYLE
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